BOMBE E BOMBAROLI
Viaggio nelle terre del basket slavo, Agosto 2013
PREPARATIVI
Un “viaggio a tema” non l’avevo mai fatto prima. Essendo viaggiare la mia prima passione, ho sempre messo il viaggio nel suo complesso al centro del viaggio stesso e non avevo mai pensato a digressioni, a cercare un filo conduttore di tipo diverso. L’occasione si è presentata per questo viaggio nei cosiddetti Balcani, terra che ha donato fior di protagonisti a quella che è la mia seconda passione, il basket. Anche a posteriori sono molto contento della scelta: sono molte più le cose che questa traccia da seguire ha aggiunto al viaggio, che quelle, direi nessuna, che ha tolto. Andiamo per ordine.
Galeotti furono due miei giovani e simpatici ospiti pugliesi che mi parlarono del Festival degli Ottoni di Guča, nel sud della Serbia. La cosa, essendo da sempre appassionato di manifestazioni autentiche del folklore locale, mi mise la pulce nell’orecchio. Da qui parto con le mie congetture, fase iniziale imprescindibile di ogni ipotesi di viaggio. Quando però ho la quasi certezza che, in ogni caso, non potrei assistere al citato Festival che si tiene sempre nella prima metà di agosto, periodo nel quale non posso viaggiare, ormai mi sono appassionato all’idea di andare in un posto così vicino e contemporaneamente così poco conosciuto. A parte i due ragazzi citati, che peraltro avevano fatto una toccata e fuga a Guča e poi erano rientrati subito in Montenegro, non sapevo di nessun altro che avesse viaggiato in Serbia. In più ho la curiosità di vedere con i miei occhi un luogo in cui non si sono ancora spenti del tutto gli echi dell’ultima guerra disputatasi sul suolo europeo.
Nel pensare a cosa possono offrire queste terre da un punto di vista culturale, per quanti sforzi faccia per ricacciarlo indietro, mi torna sempre in mente il basket. Poco prima, Sergio Tavčar, l’immarcescibile telecronista di TeleCapodistria – la televisione della minoranza slovena in Italia - che nella mia giovinezza ascoltavo commentare col suo inconfondibile stile sarcastico le gare del campionato jugoslavo, aveva scritto “La Jugoslavia, il basket e un telecronista”, un libro che ripercorreva la sua carriera e, contestualmente, la stupenda parabola della pallacanestro jugoslava.
La pallacanestro slava è tuttora viva e vegeta ma indubbiamente l’apice l’ha raggiunto prima della frammentazione seguita al conflitto. In questo periodo, che sommariamente va dai primi anni ’70 al 1991, le Nazionali schierate sotto la bandiera con la stella al centro hanno sfoderato una sequela di campioni come raramente è dato vedere in uno sport. Questa lettura aveva rinfrescato i miei ricordi e alimentata ulteriormente la mia voglia di conoscere quei posti. Il problema è che non esistono itinerari sperimentati né tantomeno tour preconfezionati di questo genere. Mi serve quindi qualche informazione da chi c’era a quei tempi e chi meglio dell’autore dell’unico testo sul basket slavo in italiano (e forse anche in inglese)? Prendo contatto nuovamente con Sergio - che poco tempo prima avevo intervistato per una rivista specializzata per la quale collaboro - e gli chiedo dei consigli sui luoghi storici visitabili: monumenti, palestre e società. Con la consueta disponibilità, forse anche un po’ stupito per la richiesta atipica, me li elenca: alcuni li conosco e li avevo già messi in lista ma molti mi giungono del tutto nuovi e spesso accompagnati dalla sinistra fama di luoghi inospitali e quasi inespugnabili e quindi, nella mia testa, ancora più ricchi di fascino. È quello che cercavo e devo ringraziare Sergio per avermi dato la spinta finale.
Ora devo trovare dei compagni di viaggio: una cosa del genere trarrebbe sicuramente linfa vitale dalla condivisione delle situazioni con altri che hanno contratto lo stesso, incurabile, morbo. La ricerca di compagni è meno difficile del solito e, per una volta, coronata dal successo. Frequentando un forum di appassionati di pallacanestro – un raro caso di forum di tifosi riservato a gente che ama quello sport, non i classici tifosi beceri che vanno a palazzo per sfogarsi a urlare improperi e non distinguono una difesa a zona da una a uomo - sapevo già che a qualcuno poteva interessare un viaggio del genere. Luca, navigato viaggiatore mio coetaneo, non mi delude e mi dà subito la sua adesione di massima. Considerato il suo modo di viaggiare molto simile al mio, avevo da tempo la curiosità di viaggiare con lui ma non avevo mai potuto soddisfarla perché io di solito evito il periodo estivo mentre lui viaggia esclusivamente, per motivi di lavoro, in agosto o a cavallo delle feste natalizie. Per l’occasione faccio uno strappo alla regola e cambio periodo.
Poi, dopo aver manifestato un suo iniziale interesse, quando ormai cominciavo a dubitare che si sarebbe unito a noi, conferma la sua presenza anche Marco, di una generazione successiva alla nostra, appassionato di basket come noi ma privo di quei ricordi che solo la nostra età può dare e, per sua stessa ammissione, non abituato a viaggiare alla giornata, cosa che però voleva sperimentare con noi, sapendoci vecchi lupi di viaggio. Entrambi di Bologna, entrambi tifosi della Virtus fino al midollo, entrambi scrivono a vario titolo di basket. Per un breve periodo è sembrato potesse unirsi pure Matt, pesarese e tifoso della Scavolini, altro viaggiatore spartano conosciuto sui forum cestistici, che però non è riuscito ad ottenere le ferie nel periodo che ormai Luca ed io avevano da qualche tempo fissato. Il roster è stato completato con soddisfazione del General Manager.
Essendo in primis viaggiatori, non vogliamo però sacrificare interamente il viaggio sull’altare dei luoghi del basket. I luoghi in cui la pallacanestro balcanica ha avuto la sua culla sono soprattutto le città e se avessimo voluto seguire solo il fil rouge del basket avremmo dovuto visitare le capitali dei nuovi stati più qualche città della costa dalmata. In estrema sintesi Lubiana, Zagabria, Belgrado e Sarajevo più Sebenico, Zara e Spalato, cosa che avrebbe significato lasciare fuori le zone meno sviluppate - che spesso sono fra le più interessanti per altri motivi - e il Kosovo, in cui vige tuttora una situazione non completamente pacificata e dove il basket non ha radici molto profonde. Decidiamo quindi, tenuto conto delle due settimane di tempo a disposizione, di tralasciare le città della costa adriatica, sicuramente più turistiche, certamente più affollate ma anche più facilmente visitabili con viaggi successivi e meno impegnativi da un punto di vista logistico. Optiamo per le capitali di Slovenia e Croazia e di concentrarci sui paesi meno battuti dalle rotte dei tanti turisti che attraversano il confine provenendo dal nostro paese, cioè Bosnia-Erzegovina, Serbia e Kosovo, sempre se in quest’ultimo paese non ci sono peggioramenti della situazione politica tali da impedircelo. Il mezzo scegliamo di noleggiarlo, avendo la mia macchina diversi anni, così come quella di Marco. Luca poi l’auto non l’ha neanche, ma solo la moto.
A proposito di Balcani. Il nome dato a questa parte di Europa stretta tra Mar Adriatico e Mar Nero è un po’ fuorviante. I Balcani sono una catena montuosa piuttosto piccola, la cui stragrande maggioranza è in territorio bulgaro e solo una piccola parte in territorio serbo. Al contrario le Alpi Dinariche non solo sono molto più vaste ma sono distribuite su ben otto stati: Italia, Slovenia, Croazia, Bosnia ed Erzegovina, Serbia, Montenegro, Albania e Kosovo. Proprio gli abitanti delle Alpi Dinariche costituiscono un particolare fenotipo umano. Gli appartenenti a quella che una volta si sarebbe detta “razza dinarica” sono i più alti del mondo: 183 cm di statura media per gli uomini. Sfido io che sembrano nati per giocare a basket. Le donne, mediamente alte 170 cm, sono delle atlete notevoli, col non deprecabile vizio di essere spesso le più avvenenti nel loro sport, come la cestista croata Antonjia Mišura, considerata l’atleta più sexy delle Olimpiadi di Londra, o la tennista serba Ana Ivanović, in passato numero uno della classifica ATP e autentica dea con la racchetta in mano.