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APPUNTI DI VIAGGIO IN GIORDANIA, giugno 2013

 

 

PREMESSA
La Giordania è una destinazione molto interessante e adatta per viaggi non particolarmente impegnativi:
- è relativamente vicina a noi e quindi il costo del volo non è esorbitante;
- è poco vasta: dall'estremo nord all'estremo sud vi sono circa 530 km, percorribili, se si usa l'autostrada, in una mezza giornata e comunque gran parte delle cose da vedere sono in uno stretto asse centrale, essendo quasi tutto il resto deserto. Pertanto in viaggi di una settimana o dieci giorni si vede praticamente tutto, sicuramente le cose più degne di nota;
- il turismo è la principale industria locale per cui il viaggiatore è ben accetto, i giordani sono estremamente cordiali (anche i poliziotti, ci facevano accostare ma quando vedevano che eravamo stranieri ci lasciavano ripartire con un "Welcome to Jordan!"), nei siti più turistici e negli alberghi le carte di credito funzionano e l'inglese è abbastanza compreso;
- vi sono due siti che un viaggiatore non può non voler annoverare tra le sue "conquiste": la stupenda città nabatea scolpita nella roccia di Petra (una delle Sette Meraviglie del Mondo) e il deserto di Wadi Rum, uno dei più belli del mondo dove bastioni rocciosi si alternano a dune (poche) e zona sabbiose.



ASPETTI CRITICI
- Clima. Noi abbiamo viaggiato a cavallo tra maggio e giugno, cercando di fruire della giusta combinazione tra clima (ideale tra marzo e maggio, da giugno diventa troppo caldo) e stagionalità (aprile e maggio sono i mesi con più turisti, come anche l'estate che è il periodo in cui gli arabi viaggiano). Obiettivo abbastanza centrato: turisti in numero accettabile anche se le temperature sono state piuttosto alte. Il termometro dell'auto ha spesso rilevato temperature esterne a ridosso dei 40°, anche serali, causa frequenti venti caldi. Sul Mar Morto di sera c'erano 38° e quando si scendeva dall'auto, immancabilmente con l'aria condizionata attivata, sembrava che qualcuno ti puntasse un phon in faccia. Una volta trovata la sistemazione, a bordo della piscina dell'albergo in una zona riparata, la situazione è migliorata. Abbiamo patito caldo a Jerash (38°), sul Mar Morto (ma si può andare in acqua e in spiaggia era abbastanza ventilato), a Petra (ma c'era la possibilità di sostare nell'ombroso canyon del Siq e diversi bar per turisti) e nel deserto di Wadi Rum di giorno. A Wadi Rum la sera il clima era ideale: probabilmente sui 25°, al punto che abbiamo preferito tutti dormire all'aperto, davanti al fuoco ormai spento, che nelle "tende" (in pratica delle cabine di legno sopraelevete rivestite da stoffe). Nell'alberghetto di Aqaba non abbiamo capito perché la gente stesse a bordo piscina, dove a parte la frescura dei tuffi c'era da ustionarsi: molto meglio andare nella vicina spiaggia, dove il vento rendeva il clima decisamente più sopportabile. La cosa che più mi ha sorpreso è stata l'estrema ventosità, quasi dappertutto: in riva al mare, nel deserto e sulle (basse) montagne centrali, quest'ultime attraversate da strade a cui lati spesso vi erano pini che, causa il vento, crescevano diagonalmente.
- Segnaletica. La segnaletica stradale non sempre è in inglese ma solo in arabo e chiedere informazioni alla gente, anche con una mappa in mano, risulta complicato visto che, specie nelle aree più sperdute, non è così facile trovare qualcuno che capisca quale città si sta cercando di raggiungere, sia perché la maggior parte della gente capisce solo l'arabo e sia perché la traslitterazione dall'arabo all'inglese non è univoca e lo stesso posto viene scritto di norma in tre o quattro modi diversi tra loro, magari solo di poche lettere, ma comunque sufficienti a complicare ulteriormente la comprensione. Avevamo chiesto all'agenzia di autonoleggio un navigatore satellitare, ma questi optional non li garantiscono, te li danno solo se al momento in cui si ritira l'auto sono disponibili. Purtroppo non c'era. Col senno di poi avremmo portato il nostro.

Il Tesoro di Petra

SPOSTAMENTI INTERNI
Abbiamo viaggiato in doppia coppia, prendendo un auto a noleggio (una Citroen C4 a 5 porte, aria condizionata - irrinunciabile - e cambio automatico), soluzione decisamente consigliata se si è in più di uno e non si hanno settimane di tempo. È possibile anche muoversi coi mezzi pubblici locali, soprattutto bus, ovviamente si spende meno ma si è legati agli orari, non sempre comodi, dei mezzi. Lo stile di guida dei giordani viene descritto un po' disordinato, come in Egitto, ma non abbiamo avuto problemi particolari con gli altri autisti. Al massimo ci siamo beccati qualche colpo di clacson, che viene usato tantissimo e per tutti gli scopi: rimproverare qualcuno per una manovra, segnalare il proprio passaggio, sollecitare l'altro a passare ma anche a non farlo: in pratica il clacson desta l'attenzione, il resto vien da sé. La vera difficoltà è stata, come previsto, orientarsi ad Amman, città dal traffico caotico e una miriade di strade e stradine, spesso a senso unico. Dopo aver tentato inutilmente di arrivare a destinazione con la mappa fornitaci dai noleggiatori d'auto, abbiamo assoldato un tassista e, mandati due di noi sul mezzo, l'abbiamo seguito. Non so se siamo stati sfortunati ma abbiamo girovagato nei pressi della destinazione per più di mezz'ora, col tassista, dall'inglese migliorabile, che chiedeva informazioni al telefono e sembrava andare a tentoni. Quando finalmente siamo arrivati nei pressi dell'albergo, la strada era sbarrata per un comizio che si doveva tenere in serata. Raggiunto l'albergo a piedi, ho chiesto al proprietario di tornare con me all'auto e di spiegarmi come arrivare all'albergo in modo da sfruttarne il parcheggio. C'è voluta quasi un'altra mezz'ora, col proprietario dell'albergo (un egiziano emigrato in Giordania da appena un anno), perennemente al telefono con un suo amico e che ad ogni incrocio mi faceva fermare in attesa di ricevere istruzioni su quale direzione prendere. Stesse difficoltà il giorno seguente ad uscire dalla città per recarsi nel nord-ovest del paese: la mancanza di indicazioni in caratteri leggibili o di persone in grado di capirci, ci ha fatto perdere un po' di tempo e fare un giro piuttosto largo (che inizialmente ci portava a nord, verso il confine con la Siria), prima di trovare le indicazioni giuste e raggiungere la meta. Se siete soliti calcolare le percorrenze in anticipo per farvi un'idea dei tempi necessari per gli spostamenti, sappiate che i kilometri percorsi sull'Autostrada del Deserto (E15) o sull'Autostrada della Valle del Giordano (E65) sono molto più agili di quelli della più spettacolare ma tortuosa, e a volte molto ventosa, Strada del Re (che non è autostrada - E35), che attraversa la Giordania da nord a sud in mezzo alle altre due, in pratica sulla dorsale montuosa che percorre il paese.
La benzina costa circa 0,85 jod quella a 90 ottani, sfiora 1 jod quella a 95.



ALBERGHI
Non abbiamo avuto problemi con gli alberghi in Giordania. Ad Amman, arrivando in volo nel pomeriggio, qualcuno di noi ha voluto prenotare in anticipo, scelta che si è rivelata infelice non per la qualità della sistemazione (non di eccelsa qualità ma pulita e in posizione centrale) ma perché ci ha costretto a cercare l'albergo in quell'autentico dedalo di strade che è la capitale giordana: col senno di poi sarebbe stato più semplice trovare una sistemazione al momento. Sul Mar Morto abbiamo avuto la sfortuna, ma forse no, di trovare la striscia di complessi alberghieri di lusso completamente chiusa al pubblico e presidiata da soldati coi mitra spianati, causa il World Economic Forum dei paesi del Medio Oriente e il Nord Africa. Solo il Crown Plaza era fuori dalla zona requisita ma l'esorbitante richiesta ci ha fatto recedere. Quando sembrava che non ci fossero molte altre alternative (un albergo più avanti era chiuso), tornando verso nord abbiamo visto, non sul lato spiaggia, l'insegna luminosa "Baron" che abbiamo scoperto essere un hotel che si rivolge ai giordani più che agli stranieri: non propongono stanze ma mini-appartamenti, il nostro con due camere da letto matrimoniali, cucinetta e salotto costava molto meno. Abbiamo approfittato del ristorante interno mangiando a bordo piscina, riparati dall'opprimente vento caldo che proveniva dal mare.
La notte successiva, prenotata in anticipo, l'abbiamo trascorsa presso l'unica sistemazione nelle vicinanze del parco del Wadi Mujib e gestita, come il parco, dalla Reale Società per la Conservazione della Natura. Si tratta di basici cubi di cemento con veranda, meravigliosamente collocati di fronte al mare dal quale distano una ventina di metri. Le tre notti successive le abbiamo trascorse a Wadi Mousa, la città nella quale pernotta chi visita la vicina Petra. Gli alberghi sono collocati in due zone: il centro cittadino e a ridosso dell'ingresso al sito. Col senno di poi siamo contenti di aver scelto un albergo nella zona più vicina al sito, visto che al rientro, dopo kilometri di scarpinate, l'ulteriore kilometro, per giunta in salita, per arrivare al centro della cittadina sarebbe stata la mazzata finale. Il nostro albergo, il Silk Road Hotel, piuttosto grande ma non di lusso come il vicino Mövenpick, a giudicare dai coperti disponibili nella sala colazioni è destinato a grandi gruppi, ma noi non ne abbiamo visti. Dispone anche di un bagno turco, che non abbiamo saggiato, poichè al rientro serale eravamo già abbastanza cotti di nostro.
L'offerta alberghiera di Wadi Rum è piuttosto limitata, essendo il tutto concepito per chi viaggia in gruppo (che viene dislocato in giganteschi campeggi turistici che alloggiano fino a 400 persone) o per chi, come noi, ha prenotato un'escursione di uno o più giorni nel deserto, con una guida locale che lo farà dormire nel proprio camp site all'interno del parco. Ogni guida "seria" ha il proprio (girando nel parco ne abbiamo visti diverse decine), il nostro aveva 10 tende singole (in pratica dei cubi di legno rialzati da terra, rivestiti della tipica stoffa nera a bande chiare di lana di pecora mista a lana di capra con la quale i beduini costruiscono le tende tradizionali), una grande tenda circolare per i pasti, i bagni separati e alimentati da una cisterna (che non generava un getto particolarmente potente), una piattaforma circolare di sassi in mezzo al camp site con un fuoco centrale dove, di fatto, abbiamo trascorso le notti con il firmamento stellato a farci da soffitto. Ad Aqaba abbiamo trovato sistemazioni meno standardizzate rispetto a quelle del Mar Morto: abbiamo pernottato presso il semplice, economico e vagamente freak Bedouin Garden Village, con corta piscina e ristorante. A Madaba abbiamo dormito presso il nuovissimo ed elegante Mosaic Hotel, a gestione familiare ma di ottima qualità e pulito come una sala operatoria. Tutte le sistemazioni avevano l'aria condizionata, assolutamente imprescindibile nella stagione in cui ci siano stati noi, tranne nel deserto dove, di notte, non ce n'era bisogno, essendo la temperatura notturna gradevole, a occhio sui 25°.



CIBO
La cucina giordana non è male, l'unico problema, che direi comune di moltissimi paesi tranne l'Italia e non molte altre destinazioni nel globo, è che la varietà non è enorme, problema che abbiamo capito come aggirare solo verso la fine del viaggio. Generalmente il piatto principale di un pasto è la carne, quasi sempre di pollo o di pecora, essendo il maiale, per motivi religiosi, poco popolare. Il piatto più noto è il mensaf (bocconi di agnello su un letto di riso), di origine beduina. Quando nel menù trovate la parola insalata, sappiate che sarà immancabilmente - cosa che la rende un po' monotona specie per chi, come me, non ne apprezza tutti gli elementi - a base di pomodoro, cetrioli e cipolla, con l'ulteriore ingrediente che ne determinerà il nome (se c'è anche il tonno sarà una "tuna salad"). Ma la vera forza della cucina giordana sono le mezze, cioè gli antipasti: se ne possono ordinare di vario genere così da assaggiare più cose e avere più probabilità di trovare qualcosa che piaccia, vegetariani compresi. I piatti che più mi sono piaciuti sono stati il falafel (polpettine di pasta di ceci fritte), l'hummus (salsa di ceci fritti con limone, aglio, sesamo e olio), i ftayer (triangoli di pasta ripieni di formaggio o carne) e il fattush (insalata con cubetti di pane fritto). I prezzi sono piuttosto contenuti. L'ultima sera, a Madaba, abbiamo cenato in quello che la Rough Guide definisce il miglior ristorante del paese, l'Haret Jdoudna: sarà che avevamo capito che era meglio insistere sulle mezze, sarà per l'ambientazione decisamente superiore alla media (il cortile interno di due edifici risalenti al '700), siamo usciti veramente soddisfatti, anche dal conto finale inferiore ai 10 jod a testa. Altre volte abbiamo speso di più, come a Wadi Mousa, facendoci trarre in inganno dal menù tipico perché volevano assaggiare il mensaf, ma di norma, cercando locali più rivolti ai locali che ai turisti, la spesa è stata inferiore (ad Amman, cenando a sazietà base di mezze, abbiamo speso 3,5 jod a testa). Menzione d'onore per le pasticcerie, dove i dolci, anche se più o meno tutti dello stesso tipo (con zucchero, miele o sciroppi, non abbiamo visto dolci al cucchiaio), sono venduti a peso. Diffusissimo il tè, di solito servito con menta o salvia e piuttosto zuccherato: è la classica bevanda che viene offerta in ogni situazione.


CONSIGLI FOTOGRAFICI
Sapevo che la Giordania non mi avrebbe dato le soddisfazioni nel fotografare la gente che di solito cerco. Fotografare le persone non è impossibile ma raramente spontaneo perché è inconcepibile fotografare qualcuno senza averne chiesto il permesso, specie alle donne. I soggetti più disponibili di solito sono i bambini. In una famiglia beduina che adotta ancora lo stile di vita tradizionale nel deserto, benché fossimo clienti paganti del figlio, non mi è stato permesso di fotografare la madre e la giovane cugina che, per stare dalla parte dei bottoni, non è nemmeno uscito dalla zona della tenda riservata alla famiglia e che nessun ospite, men che meno un turista, può violare. In Giordania non è certo la luce che manca e quindi si potrebbe pensare che non ha molto senso portare con sè un cavalletto. Invece mi è stato parecchio utile, nonostante gli oltre 2,5 kg da scarrozzare per kilometri e su irti sentieri con temperature torride, soprattutto a Petra dove molti degli edifici sono all'ombra e dove solo con un treppiede è possibile cogliere tutte le sfumature delle variegate rocce nelle quali è scolpita l'antica città nabatea.

Le colonne romane di Jerash

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