SITI VISITATI
Sito archeologico di Jerash
Jerash è una delle antiche città romane meglio conservate del Medio Oriente, circa 50 km a nord di Amman. L'entrata è denotata dall'imponente Arco di Adriano, subito dopo il quale vi è l'Ippodromo. Secondo la guida ogni giorno, alle 11:00, si tiene un'interessante corsa delle bighe: noi siamo arrivati mezz'ora più tardi ma non c'erano "segni" - immancabili quando ci sono dei cavalli - che la corsa si fosse tenuta. Probabilmente, anche causa la temperatura che sfiorava i 40°, avevano deciso di risparmiare la fatica alle povere bestie. Poco dopo, a seconda di quale ordine si sceglie per visitare i tanti punti del sito, vi è la vasta e raffinata piazza ovale delimitata da colonne, il Cardo (un imponente viale colonnato sul quale si affacciano molti degli edifici più importanti) e due teatri in ottimo stato.
Salt
Salt è una cittadina spesso non compresa negli itinerari tradizionali. La sua particolarità è quella di essere rimasta un po' come congelata nel tempo. Per secoli unico insediamento della Transgiordania, visse il suo momento più prospero fino agli '20 quando da qui passava tutto il commercio per la Palestina. Ma la costruzione della ferrovia che partiva da Damasco invece di avvantaggiarla la sfavorì, visto che l'emiro scelse come capitale Amman, dove la ferrovia terminava, e qui dirottò tutti gli investimenti per la modernizzazione della città e delle sue infrastrutture. A Salt non vennero finanziati interventi di nessun tipo e così potè mantenere la tradizionale architettura ottomana. A conferma di ciò, quando siamo giunti nella cittadina, abbiamo trovato una delle vie più interessanti chiuse perché vi stavano girando un film ad ambientazione storica. La scena a cui abbiamo assistito vedeva un gruppo di persone, apparentemente dei profughi, attraversare la via (per l'occasione ricoperta di terra) sotto gli insulti e il lancio di sassi dei locali. Non siamo riusciti a capire molto (tra l'altro ci hanno chiesto ripetutamente di non fotografare), ma io mi sono fatto l'idea, non confermata, che si trattasse di un film sull'epopea del popolo armeno.
Mar Morto
È il luogo più basso della Terra, circa 400 sotto il livello del mare (e tende ad aumentare, essendo il Mar Morto a rischio di estinzione visto che le acque del maggiore immissario, il fiume Giordano, sono ormai in buona parte captate per l'irrigazione) e questo da solo potrebbe bastare a renderlo interessante. L'acqua, la cui percentuale di salinità è di circa il 30% (contro il 3/4% abituale), permette di galleggiare anche leggendo un giornale. Ma non impedisce l'annegamento, che può capitare a chi affronta l'acqua come se fosse un mare normale: bisogna tenere la schiena in basso, non la pancia, perché le gambe, stando su, finirebbero col mandare giù la testa. Benché apparentemente l'acqua risulti rinfrescante, stare in acqua troppo a lungo non è salutare, perché l'eccessiva salinità può provocare ulcerazioni ed è estremamente fastidiosa se viene a contatto con gli occhi. Inoltre, l'acqua salata lascia uno strato oleoso: se vi recate in una spiaggia lontana dalla zona degli alberghi, prima di andare in acqua assicuratevi che nei paraggi vi siano delle docce di acqua dolce. Da un punto di vista fotografico possono essere interessanti le formazioni saline che si generano sulle coste, anche se, non avendo trovato indicazioni precise su dove trovare le più interessanti, mi sono limitato a quelle nei paraggi della nostra sistemazione. Entrambe le notti passate sul Mar Morto sono state estremamente ventose, la prima anche parecchio calda, la seconda meno ma abbiamo dovuto appoggiare le sedie della veranda contro la parete per non vederle volare via.
Wadi Mujib
Il Parco di Wadi Mujib offre alcune possibilità di trekking con guida pagata ma quella più interessante, cioè quella "umida", è gratuita. In pratica si tratta di risalire uno stretto canyon lungo il letto dell'omonimo fiume, dalle fresche ma basse acque. Ci siamo presentati all'ingresso alle 16:00, non sapendo fosse con l'orario di chiusura: i bigliettai si sono dimostrati comprensivi, lasciandoci passare ugualmente. Si viene forniti di giubbotti galleggianti da indossare (che, volendo, consentirebbero di praticare un po' di canyoning) e sono consigliate calzature con un buon grip: scarpe da ginnastica oppure sandali col carro armato. Nel maggior parte dei casi l'acqua arriva a metà polpaccio, in alcuni punti, soprattutto nelle strettoie dove l'acqua si alza e acquista potenza, arriva al massimo alla vita. Questo per un'oretta circa, fino ad un punto in cui per proseguire bisogna servirsi di una scaletta di metallo fissata alla roccia e di una corda, oltre il quale un paio di noi si sono avventurati per alcune decine di metri. Il percorso è stimato in un paio d'ore circa fra andata e ritorno e quindi presumibilmente la fine del tratto praticabile, che termina con una cascata di alcuni metri, non era distante. Io ho affrontato questa escursione con la macchina fotografica, avendo cura di metterla in una sacca impermeabile prima dei passaggi che presentavano qualche rischio. È stata un'esperienza divertente nonché piacevolmente "fresca".
Dana Natural Reserve
Prima di partire un amico ci aveva parlato di un suo conoscente, grande viaggiatore, che gli aveva descritto la Dana N.R. come uno dei due posti più belli che avesse mai visto. Non possiamo dire la stessa cosa, anche se probabilmente non abbiamo dedicato a questa riserva il tempo necessario per conoscerla a fondo. Anche in questa riserva sono possibili diversi trekking, tutti a pagamento tranne un paio: il cosiddetto "giro dei villaggi" di un paio d'ore e che rimane sempre in quota permettendo visioni dall'alto del parco e il "sentiero del Wadi Dana" che parte dal villaggio e, seguendo il corso dell'omonimo fiume, giunge al villaggio di Feynan in circa 6 ore. Anche perché trovare l'ingresso del parco si è rivelato piuttosto complicato, avevamo tempo solo per il primo itinerario, che però non è molto segnalato. Ci siamo avviati seguendo le indicazioni chieste alla guesthouse ma evidentemente abbiamo sbagliato qualcosa, benché ci sembrasse di stare sempre sul sentiero principale, perché siamo giunti ad un punto morto e siamo tornati indietro. Abbiamo avuto il tempo di gustarci il tradizionale té alla menta su una delle piacevoli terrazze di Dana. Del mio amico mi fido ma, per quanto visto da lontano e dalle foto della riserva trovate su internet, tendo a pensare che le rocce più belle del parco non siano molto diverse da quelle ammirate a Petra e Piccola Petra.
Piccola Petra
In pratica una città nabatea costruita sulle rocce di un piccolo canyon lungo appena 350 metri, per raggiungere il quale si attraversano alcuni bei paesaggi. All'ingresso vi sono dei negozietti gestiti da beduini (qui di un clan, gli Ammarin, che non è lo stesso di Petra) che si offrono anche come guide (ma non ce n'è bisogno). Il sito è interessante anche se ovviamente meno spettacolare di Petra - rispetto alla quale ha una maggiore densità di case ed edifici - motivo per il quale consiglio caldamente di visitarlo prima della "sorella maggiore", per non rimanere indifferenti dopo aver visto tanta imponenza. Al termine del canyon vi è una bella vista, su una vallata con cime in arenaria stondate dal vento. L'ingresso è gratuito.
Petra
Una delle Sette Meraviglie del Mondo, e ovviamente sito UNESCO. L'ingresso al parco costa caro a sangue: 50 jod per un giorno, che diventano 55 per due giorni (la nostra guida, edizione 2009, riportava rispettivamente 21 e 26 jod, quindi se non ci andate entro il 2013 è facile che questi prezzi siano da aggiornare). Se volete fare la cosiddetta "Petra by night" sono altri 12 jod. L'ingresso apre alle 6:00 cosa che però potrete sfruttare il secondo giorno visto che la biglietteria apre alle 7:00. Poi bisogna percorrere prima il Bas as-Siq (circa 800 metri scoperti) prima di entrare nel Siq vero e proprio che è la lunga (1,2 km), tortuosa e stretta gola che sfocia di fronte al Tesoro. Quindi, ad ogni ingresso vi sono come minimo 4 km da fare a piedi, più quelli necessari per raggiungere i vairi siti. Se avete fretta o poca tenuta fisica potete fare il percorso su cavalli o carretti, ma vi perdereste i monumenti nel tragitto (che potrete comunque visitare al ritorno). La biglietteria chiude alle 17:00, il sito in teoria alle 19:00 ma la sera del nostro arrivo abbiamo visto parecchia gente uscire più tardi.
Il sito è enorme, a ragion veduta visto che nel momento di massimo fulgore, cioè all'epoca di Cristo, si stima che la città avesse circa 30.000 abitanti. Dopo aver visitato il Tesoro e gli altri edifici del Siq Esterno, siamo saliti sull'Altura del Sacrificio fino a ad un promontorio dal quale si vede la vallata circondata da montagne completamente traforate di edifici e abitazioni. L'ascesa, di circa un centinaio di metri di dislivello, è facilitata da gradini e richiede mezz'ora/tre quarti d'ora circa, in base alla forma ma si viene ricompensati dalla vista, nel tratto in discesa, di alcune delle rocce colorate più belle del sito, cui ho dedicato un album speciale. Prima di uscire abbiamo fatto in tempo a visitare il cosiddetto "versante orientale", di cui la Tomba dell'Urna è uno dei monumenti principali. La sera, dopo essere usciti per una doccia e la cena, siamo tornati per il "Petra by night": in pratica si fa lo stesso percorso fino al Tesoro alla luce delle candele (poste in sacchetti di carta) posizionate lungo tutto il tragitto. Sicuramente suggestivo, per quanto per gustarsi il silenzio che meriterebbe questo posto bisogna presentarsi in anticipo per evitare la folla. Giunti davanti al Tesoro, la "piazza" antistante è piena di candele e davanti al monumento, che diventa rossastro per la fioca luce proveniente dalle fiamme, abbiamo ascoltato musica beduina suonata dal vivo (con l'immancabile tè alla menta in omaggio). Il giorno seguente l'abbiamo dedicato a raggiungere la parte più remota del sito, incentrata sul Monastero, l'edificio più maestoso, per quanto meno elegante del Tesoro, dell'antica città nabatea. Dopo aver attraversato la zona centrale si giunge al Basin Restaurant (il locale più "sciccoso" all'interno del sito nonché uno dei pochi, grazie al rumoroso generatore elettrico, ad avere gelati e bibite ghiacciate) dal quale parte il sentiero per raggiungere il sito che si inerpica per circa 200 metri e che richiede un'oretta, con molti scalini scavati nella roccia. Chi vuole può approfittare, per 7 jod, degli asini a noleggio condotti dai beduini. Il Monastero è talmente imponente (alto quasi 50 metri) che la sua vista si gode meglio da una certa distanza: meglio ancora se dal fresco della grotta antistante nella quale un locale ha aperto un comodo caffè con tappeti e cuscini sui quali sdraiarsi, accompagnati dal solito tè. Allontantanandosi ancora un po' si giunge a diversi view point, dai quali si godono ampie viste delle montagne fino al lontano Wadi Araba, più di un kilometro in basso.
I Sette Pilastri descritti da Lawrence d'Arabia, Deserto del Wadi Rum
Wadi Rum
È uno dei deserti più belli del mondo, dove le dune non la fanno da padrone ma da contorno a imponenti montagne di basalto, granito e arenaria che si innalzano fino a 800 metri rispetto alla pianura desertica che li ospita. Viste dall'alto sono come isole in un mare di sabbia, alcune stondate, altre più aguzze, immancabilmente scoscese: sono un luogo perfetto per chi, a differenza di noi, si vuole cimentare dal trekking alle arrampicate. Non è consigliabile la visita in autonomia della zona, anche se non è impossibile, perché servono un mezzo adatto e una buona conoscenza del luogo: non è facile orizzontarsi nel dedalo di canyon di Wadi Rum. Generalmente si accede a questo parco avendo prenotato, possibilmente per tempo, un'escursione di uno o più giorni/notti con una guida locale, immancabilmente presso beduini del posto (per la precisione del clan Zalabia, proprietario del territorio dove si reca la maggior parte dei turisti, altre aree fuori dall'area protetta possono essere visitate con guide dei rispettivi clan, gli Zuwaydeh e gli Swalhiyin), ormai al 90% impiegati nel turismo. Che scegliate di visitare il deserto in uno o più giorni (preferibile la seconda anche perché, se ci andate in un periodo caldo come il nostro, nelle ore centrali del giorno è meglio prendersela con calma), non fatevi mancare almeno una notte all'interno del parco (sono disponibili itinerari che partono la mattina dal visitor center e vi riportano la mattina dopo la colazione). Benché sia sufficiente vagare più o meno a casaccio per godere della bellezza del posto, vi sono alcuni siti che meritano di essere visti:
- Il ponte naturale di Umm Fruth, alto 15 metri e scalabile in pochi minuti;
- Il ponte naturale di Burdah, per raggiungere il quale è necessaria 1 ora e mezza e ce ne vuole un'altra per scendere (non ci siamo stati);
- Il breve e ombroso Khazali Canyon, con iscrizioni nabatee;
- I Sette Pilastri della Saggezza, visibili dal visitor Center;
- Le dune grandi (scalabili solo a piedi) e le dune piccole (in cima alle quali giunge anche la jeep), diversamente fotogeniche;
- Il monolite roccioso detto la Mucca;
- Una sorgente che nasce nel fianco di una montagna;
- Il Jebel Umm Adaami, la montagna più alta della Giordania, dalla cima della quale si vede l'Arabia Saudita.
La Sorgente di Lawrence, la cosiddetta "Casa di Lawrence" e altri siti minori non sono particolarmente interessanti, se siete stretti coi tempi, potete tranquillamente tralasciarli.
I Beduini sono famosi per la loro ospitalità, tipica della gente che abita il deserto ed ha una naturale tendenza ad aiutare il viandante, ma incontrarli è piuttosto difficile. I pochi che ormai conducono lo stile di vita tradizionale non parlano inglese e sono molto gelosi della loro privacy. Grazie alla nostra guida, a cui avevo specificamente chiesto se ci fosse la possiblità di incontrare una famiglia beduina dopo che altre ci avevano detto che non ci pensavano nemmeno a farci conoscere la propria, abbiamo avuto l'occasione di conoscerne una in un contesto autentico. Per poterla incontrare abbiamo dovuto uscire dall'area del parco, verso est, zona dove normalmente i turisti non vanno. Ci siamo accomodati nella parte della tenda adibita agli ospiti - dalla quale è vietatissimo allontanarsi per curiosare in giro perché sono le donne di casa a scegliere se unirsi agli ospiti, uscendo dalle zone a loro riservate - dove ci hanno portato il pranzo. Si è presentata la madre, di circa 65 anni, coi tradizionali tatuaggi facciali che le giovani non si fanno più fare e coi capelli ormai rossicci dal reiterato uso dell'henné. Vietatissimo fotografarla però. Vi era anche una nipote che però non si è palesata. Meno timida una simpatica capretta nera, che un paio di volte è sbucata da sotto una tenda divisoria e ha vagato tra di noi in cerca di qualcosa da brucare tra i nostri piatti.
Il costoso volo di quasi un'ora in mongolfiera non è stato particolarmente esaltante, sia perché il pallone rimane ai bordi del deserto e non vi si addentra (per evitarne un difficoltoso recupero e per atterrare nelle pianeggianti zone circostanti) e sia perché il continuo azionamento delle fiamme per bruciare il propano costringe a portare sempre un cappellino in testa (gentilmente fornito). La cosa più divertente, ma non per tutti, è stato l'atterraggio, con la cesta che si è capovolta di 90° gradi, costringendoci ad uscirne a gattoni.
Aqaba
Aqaba è il vero luogo di mare della Giordania, se si esclude quel mare sui generis che è il Mar Morto, nonché l'unico porto internazionale, passaggio obbligato della gran parte delle merci che entrano nel paese. La città, che abbiamo visto solo di passaggio, è piuttosto moderna ma per le spiaggie bisogna spingersi verso sud, in direzione del confine con l'Arabia Saudita, dove vi sono i 12 km di spiagge più adatte alla balneazione dei 27 totali del paese. Gran caldo, in spiaggia mitigato dalla brezza marina. Le spiaggie non sono di sabbia "svolazzante" come la nostra (e meno male, col vento che tira), sembrano quasi di sabbia compattata. L'acqua è calda, i coralli sono meno danneggiati che altrove (2.000.000 di immersioni annue nel Sinai, 750.000 nella vicina Eilat ed appena 20.000 ad Aqaba), le immersioni sono interessanti fin dai primi metri e non servono, come in altri lidi del Mar Rosso, barche per essere portati nei punti migliori. Se non volete porvi il problema di non rispettare il codice di abbigliamento dei Giordani che prevede che le donne vadano in acqua completamente vestite, cercate di recarvi nelle spiagge dedicate ai turisti e non, ad esempio, alla spiaggia pubblica di Aqaba. Le spiagge, come del resto quelle del Mar Morto, non sono molto attraenti: la sabbia è grigia e poco soffice, gli ombrelloni sono fissi e piuttosto radi, vi sono baretti e l'attività più praticata pare essere il barbecue di carne di pecora, tendenzialmente nel tardo pomeriggio.
Al Karak
La piccola cittadina di Karak sorge in cima ad una collina presidiata dai resti di un grandioso castello costruito dai Crociati e tutt'ora in buono stato. Come si entra si viene presi in consegna da una guida (la nostra era simpatica anche se con un italiano piuttosto basico) che poi alla fine pretende 10 jod: se non volete beneficiare dei suoi servizi siate chiari fin da subito. Non è uno dei siti imperdibili, ma rimane sulla Strada del Re nel caso, all'andata o al ritorno sull'asse nord-sud, vogliate fare una strada diversa da quelle più veloci, ma anche monotone, che uniscono il paese affiancando il deserto o la valle del Mar Morto.
Madaba
Molto vicina ad Amman, questa cittadina è famosa per gli antichi mosaici delle sue chiese (in una di esse vi è conservata quella che è considerata la più antica mappa del Medio Oriente) e per il fatto che per lungo tempo è stata una città a maggioranza cattolica, caratteristica che ora mantiene solo per il centro storico (circa il 95% degli abitanti), mentre nel resto della città e dei dintorni la maggioranza degli abitanti è musulmana (circa 14.000 cristiani su una popolazione complessiva di circa 120.000 abitanti). Se può interessare, questa città ospita quello che è considerato il miglior ristorante del paese (cosa che, per quel poco che abbiamo potuto sperimentare, sottoscriviamo in pieno) e che, dopo una decina di giorni che ce le sognavamo anche di notte, abbiamo trovato nel frigobar dell'albergo delle birre (non analcoliche) gelate che ci siamo fatte fuori immediatamente e con gusto.
Altri siti non visti
- L'ultima mattina (il volo di rientro era nel pomeriggio) avevamo in programma di visitare i cosiddetti Castelli del Deserto (siti UNESCO) ma purtroppo abbiamo dovuto rinunciarvi visto che il rientro lungo la Strada del Re aveva richiesto più tempo del previsto e non avevamo fatto in tempo a visitare Madaba;
- Ad Amman abbiamo visto il teatro romano solo da lontano e i souk di sera, ma la città non offre molto altro d'interessante;
- La Giordania è pieno di luoghi citati nel Vecchio Testamento: dal luogo dove Cristo sarebbe stato battezzato da Giovanni il Battista, dal Monte Nebo in cima al quale Mosè vide la Terra Promessa senza poterla raggiungere, dal castello di Mukawir (alcune colonne e poco più) dove Salomè avrebbe chiesto in premio la testa di Giovanni il Battista, alla grotta dove Lot e le sue figlie si salvarono dalla pioggia di fuoco mandata per distruggere Sodoma e Gomorra;
- Castelli e siti archeologici di vario tipo, romani e crociati, in condizioni di conservazione diverse: Pella, Umm Qais, Ajloun, Shobak.
Spiaggia sul Mar Morto
APPUNTI DI VIAGGIO IN GIORDANIA