LAGO TITICACA
Ecco un altro di quei toponimi che fin da bambini ci frullano in testa. È il lago navigabile più alto del mondo, coi suoi 3.812 msl, e il più vasto del continente americano quasi equamente circondate da terre peruviane e boliviane. Lungo fino a 190 km e largo 80km, le sue acque sono purissime (la visibilità può raggiungere i 65 m.) e tra altitudine, sole e riflessi dell'acqua costituisce un luogo luminosissimo, come la pelle letteralmente bruciata dei suoi abitanti testimonia chiaramente. Il bus ci scarica a Puno, la più grande delle città che sorgono a fianco del lago, famosa per i festival che palesano una grande attenzione ai costumi locali. Appena giunti in città prendiamo un taxi per andare a visitare il sito archeologico di Sillustani, visto che data l'ora non ci sono più mezzi pubblici. Il sito è interessante, disposto su una collina a fianco di un altro laghetto. Peccato che Giove Pluvio non sia molto d'accordo e dopo un po' ci scarica sulle teste il contenuto dei nuvoloni grigi che da un po' ci accompagnavano. Tanto vale allora rientrare in città e, avendo posto nel bagagliaio della station wagon del tassista, carichiamo anche due donne e un ragazzo che, giunte fin lì per proporre ai turisti di passaggio i loro manufatti tessili, avrebbero dovuto aspettare sotto l'acqua il bus per chissà quanto ancora. L'intimità della situazione pare scioglierle: sorridono, si informano sulla nostra provenienza e chiedono esplicitamente di farsi fotografare. Puno non è particolarmente interessante, anche se piena di localini che danno un senso ad una passeggiata in centro, nonostante la pioggia non cenni a diminuire. Ci torniamo dopo essere stati all'isola di Taquile e ceniamo in un ristorante dove si tengono danze tradizionali: che sarà anche una cosa decisamente turistica ma sono spesso una delle poche situazioni dove si possono vedere certi spettacoli e che, indubbiamente, contribuisce a tenere vive certe tradizioni. Belli i costumi e gradevoli le danze, anche se alla mia compagna il ricordo più indelebile è legato al mio pasto: il famoso "cuy al horno", il porcellino d'India che da a queste latitudini è un'apprezzato piatto fin dai tempi degli Inca.
ISOLE UROS
Le isole flottanti sulle quali vivono gli Uros - o per meglio dire i loro discendenti visto che gli ultimi Uros non abitano più nelle isole dagli anni '70 e quelli che le popolano sono Aymara, la popolazione che da tempo vive nella zona del lago e con i quali gli Uros si sono da tempo mescolati, sono una delle attrattive più importanti del lago Titicaca. Isole artificiali costruite con la totora, un'erba palustre che cresce nel lago, sono ancorate al fondo ed essendo galleggianti si alzano e si abbassano seguendo il livello del lago. L'abitudine di abitare queste isole risale ai tempi in cui i pacifici Uros cominciarono a costruirle per sfuggire ai rissosi Inca. Le isole, una quarantina circa, danno ospitalità a qualche centinaio di abitanti, con le isole più grandi che ospitano una decina di famiglie e le più piccole, larghe una trentina di metri, solo un paio. Il "suolo" ha uno spessore variabile, da un paio di metri fino ad alcune decine di centimetri. L'impressione è quella di camminare sopra ad un materasso: ad ogni passo si sprofonda leggermente, circa un 10/20 cm, e se si poggia la mano al suolo si sente che è umido. Ovviamente queste isole necessitano di una continua manutenzione, così come le abitazioni e le barche sempre costruite con la stessa erba palustre. La totora viene utilizzata anche come alimento, il cui consumo previene la gotta - anche se la maggiore fonte di cibo sono i pesci del lago - e addirittura come medicinale sulle ferite.Ovviamente molto importante è il turismo che porta soldi ma anche tanta gente che calpesta le isole e ne rende più frequente la manutenzione: il "tappeto" va parzialmente ricostruito ogni tre mesi perché la totora marcisce e l'isola di norma non vive più di una trentina d'anni.L'artigianato è costituito da costumi coloratissimi e piccoli manufatti in totora. Un'altra tradizione è quella del canto, con la quale alcune donne (tra queste una era davvero carina, un'autentica rarità tra le popolazioni andine) ci hanno "salutato" quando ci siamo imbarcati.
ISOLA DI TAQUILE
Gradevolissima isola, piccola e collinosa, di cui gli abitanti sono "tornati in possesso" negli anni '70, quando ha smesso di essere una colonia penale e ne hanno fatto un piccolo Eden. Non hanno concesso il permesso di costruire nessun albergo e quindi chi vuole pernottare - cosa consigliata visto che in una giornata sola la maggior parte del tempo se ne andrebbe nel fare avanti-indietro dal porto di Puno che dista a 35 km - deve rivolgersi al locale ristorante pubblico, dove abbiamo mangiato trota fritta e uova, e chiedere. Uno degli anziani si occupa allora di reperire una famiglia presso la quale pernottare: è un sistema per far sì che i soldi dei turisti vengano distribuiti ai locali e non alle multinazionali dell'ospitalità, anche se le sistemazioni sono davvero basiche. Più che la mancanza di suppellettili il problema può essere un problema la mancanza di impianti di riscaldamento: le notti sull'isola, a quasi 4000 msl e in mezzo ad un lago spazzato dal vento, tendono ad essere piuttosto fredde.
La gente è particolarmente ospitale e, cosa che io apprezzo sempre, indossa cnora gli abiti tradizionali, anche gli uomini che - al di fuori di questa isola - ho sempre visto in abiti occidentali. Indossano pantaloni neri e camicia bianca, spesso con un panciotto nero. Portano berretti di lana, che preparano loro, e una fascia colorata in vita che rivela lo stato sociale e l'eventuale matrimonio: molti li abbiamo incontrati la domenica mattina nella piazza principale, dopo che si erano riuniti nel locale "municipio" per decidere le questioni locali e poi divulgare alla cittadinanza le risoluzioni adottate. Le donne invece sono sempre in gonna, anzi, in gonne, avendone sempre più di una sopra l'altra, anche quattro o cinque. Hanno sempre con sè due cose: una coperta nera, che usano spesso come copricapo e dalle cui punte spenzolano delle colorate nappe, e un fuso col quale arrotolano dei fili in continuazione, sfruttando le pause da altri lavori, anche mentre camminano.La nostra sistemazione è presso una famigliola: muri di argilla, letti con 3/4 pesanti e polverose coperte di lana, porta-finestra con vetro rotto dove passava una mano, il bagno una cabina di legno in mezzo ai campi fuori dal compound e i pasti nel vicino "ristorantino" di proprietà della stessa famiglia. A colazione e cena il menù è lo stesso del giorno prima: trota e uova, evidentemente non c'è molta scelta. Ciò nonostante, e benché nel ristorantino non si sia visto nemmeno un altro ospite, per servirci la cena è necessaria più di un'ora: pazienza, il localino, disposto in cima alla collina e dotato di ampie vetrate, ci consente di spaziare con lo sguardo sul lago.
DA PUNO A CUZCO
Rientrati a Puno, prenotiamo il bus per Cuzco e, visto il lungo spostamento (quasi 400 km), prendiamo un "bus turistico", un mezzo che fa anche sosta, con visita guidata, presso le attrattive sul percorso, sicuramente minori rispetto ad altro ma comunque utili per spezzare il percorso. Prima sosta a Pukara (da non confondere con Puka Pukata), sede di una bella chiesupola coloniale e di un interessante museo di steli preincaiche che visitiamo. Sosta successiva a La Raya, la linea di confine tra la regione di Puno e quella di Cuzco, in pratica un passo a 4335 msl dal quale si gode una vista sulle alte cime innevate nei dintorni. La piazzola ovviamente è piena di bancarelle con i tipici prodotti artigianali a base di lana di lama e alpaca.Per pranzo ci fermiamo a Sicuani e mangiamo all'aperto visto che è una bella giornata. Poco dopo altra tappa, decisamente a scopo commerciale, presso un piccolo compound con i soliti articoli in vendita, allietato se non altro da alcuni alpaca a portata di mano e da una nidiata di simpatici porcellini d'India.Poi Raqchi, sede di un importante sito Inca. Il pezzo forte del sito è il cosiddetto Tempio di Wiracocha, un enorme edificio (302 metri di lunghezza per 25 di altezza) del quale ora rimangono le mura di un lato con la base in pietra - dove si può ammirare la classica pietra dei 12 angoli che è quella sulla quale si regge tutta la costruzione ad incastro - e la parte superiore in adobe - attualmente riparate da tetti moderni per impedirne l'erosione -. Si ritiene che fosse la singola stanza più grande di tutto l'impero Inca, e le 11 colonne e i muri, la cui base è larga 4 metri, ancora testimoniano l'imponenza del complesso. Tutto intorno vi sono i quartieri residenziali e magazzini e nelle montagne circostanti, che avvolgevano il sito, si vedono in lontananza torri e altre costruzioni difensive. Terminata la visita c'è tempo per una visita alla piccola chiesa del villaggio e al vivace mercato che si svolge nella piazzetta dove le donne indossano un copricapo abbastanza diverso dai soliti. Ultima tappa a Andahuaylillas, dove veniamo scaricati nella bella piazza centrale circondata da maestosi alberi pisonay per poi accedere alla stupenda chiesa, meritatamente definita la "Cappella Sistina" del Sud America. Costruita anche questa sfruttando le mure incaiche è un trionfo di altari barocchi e mudejar (lo stile arabo-spagnolo), riccioli d'oro, specchi e statue. Non si può fotografarla. Nel tardo pomeriggio giungiamo a Cuzco, dopo aver intravisto il sito Inca di Rumicolca, l'antica porta di ingresso alla capitale.
CUZCO
Cuzco, il cui centro storico è sito UNESCO, fu la capitale dell'impero Inca e oggi costituisce la base ideale per visitare la Valle Sacra (in spagnolo Valle Sagrado), la valle del fiume Urubamba costellata di siti Inca, come testimoniano i quasi 1,5 milioni di visitatori all'anno.
Costruita all'altezza di 3300 msl, è circondata dalle Ande che creano un microclima particolare: nonostante le notti possano essere particolarmente fredde è un secolo che non nevica ed è talmente luminosa da essere stata misurata come il luogo con il più alto livello di raggi ultravioletti al mondo.
Benché costruita dagli indigeni Kilke nel 1100 circa, sono gli Inca e gli Spagnoli ad averne maggiormente caratterizzato l'aspetto. I primi attraversano le loro costruzioni con i colossali muri costruiti senza malta e composti da giganteschi massi perfettamente combacianti, i secondi con le chiese e gli edifici che però sfruttano spesso e volentieri le fondamenta e i muri inca che si rivelano più resistenti ai terremoti perfino delle costruzioni moderne. Caratteristica anche la periferia a monte: stradine strette e ripide dove le auto devono fare a turno per passare e pullulanti di negozietti e posti dove mangiare o bere, per soddisfare una così ampia affluenza.
Il nostro alberghetto era centralissimo, abbastanza silenzioso nonostante la vicinanza con l'animata Plaza de Armas (tanto per cambiare il nome della piazza principale), circondato su due lati da un frequentatissimo porticato e sugli altri dai maggiori edifici religiosi della città: la Cattedrale e la Chiesa della Compagnia (dei Gesuiti). Altro sito importante della città è Qorikancha, l'antico tempio dell'oro - con le mura rivestite del prezioso metallo - degli Inca sopra ai quali gli Spagnoli hanno eretto la cattedrale di Santo Domingo. Dintorni (un giorno per visitarli)Alla periferia della città si trova il sito archeologico Inca di Sachsaywaman, di cui ormai restano solo le imponenti mura che comunque meritano una visita. Non distanti vi sono anche i siti Inca di Tambomachay (ricco di nicchie e dedicato all'acqua), di Qenqo (luogo di sacrifici, parzialmente costruito sotto ad una massiccia roccia) e Puka Pukara (non visitato perché ormai era buio). La giornata si chiude in allegria: è il 31 ottobre e anche da queste parti si festeggia Halloween, le strade sono stracolme di gente anche se a travestirsi sono soprattutto i bambini.
VALLE SAGRADO
Due giorni e mezzo per visitare i tanti siti interessanti della valle Sacra (Valle Sagrado in spagnolo), inframezzati dalla visita di Machu Picchu che richiede almeno due giorni, non sono tantissimi e difatti abbiamo dovuto sacrificare qualcosa. Ciò considerato abbiamo preso un autista personale, per guadagnare in velocità e flessibilità. Col senno di poi, l'unico sito che mi dispiace di non aver inserito sono le saline di Maras, mentre il Centro Ceramico sotto descritto poteva tranquillamente essere tralasciato. Indico i vari siti nell'ordine in cui li abbiamo visitati.
Prima giornata
Centro ceramico
Niente di speciale: qualche bella ceramica anche se è stato nel contiguo mercatino per turisti che mi è venuta la balzana idea di raccogliere copricapi tradizionali, proseguita poi anche in altri luoghi: nella valigia che è tornata in Italia ce n'erano 14, di diversissime fogge ed epoche.Centro recupero animaliUna gradevole visita a diversi animali: i soliti lama e alpaca, pappagalli, falchi e puma. Abbiamo potuto accarezzare la pelle non dissimile da quella umana dello strano "cane caldo peruviano" che, causa la temperatura corporea sui 41° ai tempi degli Inca veniva usato come scaldino per i piedi, ed entrare nella gabbia dei condor, nutriti a pochi passi da noi.
Urubamba
Benché sia la cittadina più grande della zona, di norma i turisti la saltano perché non c'è nulla di interessante da vedere, al massimo fanno come noi che vi si fermano per mangiare. In realtà poi abbiamo scoperto, quasi per caso a fianco della larga piazza centrale erbosa sede di seguite partite di calcio e festival, l'esistenza di un sito archeologico, un vecchio palazzo Inca in adobe con tetti niente a proteggerne l'erosione con una signora a custodirlo che si lamentava del fatto che il sito non se lo fila nessuno, benché non fosse insignificante. Simpaticamente kitsch il monumento al puma nella rotonda principale.Centro tessileUna specie di cooperativa, dove le donnine scendono dai vari villaggi e restano alcune settimane, tessendo sciarpe e stoffe in continuazione, prima di tornare al villaggio in attesa che i loro manufatti vengano venduti per incassare la loro parte. Prodotti di altissima qualità e prezzi adeguati.
Seconda giornata
Ollantaytambo
Maestosa fortezza Inca, sede di uno scontro epico con le truppe spagnole. Attaccati da un plotone agli ordini di Hernando, fratello di Pizarro, gli Inca risposero con una pioggia di frecce ma la mossa decisiva fu il geniale allagamento della campo ai piedi della fortezza che neutralizzò i cavalli degli spagnoli, da sempre qualcosa dai quali gli Inca non sapevano come difendersi. Hernando ordinò la ritirata e tornò qualche mese dopo con le forze quadruplicate ma stavolta Manco Inca fuggì altrove. Ollantaytambo rimane l'unica fortezza Inca ad avere resistitoad un attacco spagnolo. Costruita sul fianco di una montagna e con le solite mastodontiche pietre che ancora oggi, viste le dimensioni, paiono impossibili da spostare lungo il fianco della montagna. Ai piedi della struttura c'è l'omonimo villaggio, le cui case sfruttano ancora in larga parte le antiche e solide mura incaiche.
Moray
Spettacolare sito archeologico Inca, formato da terrazzamenti circoncentrici nei pressi della caratteristica cittadina di Maras. Si ritiene che più che un luogo sacro, come certe teorie new age affermano rifacendosi alla "energia" che questo posto sprigiona, fosse un luogo di sperimentazioni agricole, visto che tra il bordo più alto e quello più basso del sito vi sono anche 15° di differenza.
Chinchero
Gradevole villaggio a 3700 e oltre msl, dotato di possenti mura incaiche e con bella chiesa spagnola in adobe dal cui piazzale si gode un bel panorama sulle montagne circostanti, situata com'è in cima ad un piccolo e gradevole centro con belle stradine. Molto visitato dai turisti e pieno di negozietti, l'ideale sarebbe capitarci di domenica, in concomitanza con il mercato.Escursione di due giorni ad Aguas Calientes per visitare machu Picchu (descritta in seguito). In seguito un'intera giornata dedicata alla visita di Cuzco.
Terza giornata (mezza giornata prima di prendere l'areo nel pomeriggio)
Urcos
Abbastanza lontano da Cuzco, di solito viene ignorato dai tour. Il suo mercato è famoso più presso i locali che presso i turisti, difatti non vi sono souvenir ma solo prodotti della terra e generi di prima necessità. I locali giungono a piedi dal villaggio, a volte dopo anche 4 ore di cammino. Non vogliono essere fotografati ma grazie alla traduzione del nostro autista (le donne quasi mai parlano spagnolo ma solo il quechua) sono riuscito a depredare (pagando, ovviamente) due signore del loro colorato copricapo.
HuaroIl
Classico posto che non gli daresti un franco, eppure ha una chiesa stupenda, con spettacolari affreschi con scheletri e scene apocalittiche del Giorno del Giudizio che gli donano quel sapore autentico, più rappresentativo della verace fede popolana di quanto non siano le ricche ma leziose decorazioni di altre chiese.Video sugli affreschi della chieda di HuaroPisaqSede di un importante sito archeologico (che non abbiamo visitato perché ormai il tempo residuo ci imponeva altro) e circondata da vertiginosi terrazzamenti, deve la sua notorietà principalmente al vasto e coloratissimo mercato, ricco di prodotti tradizionale ma anche e soprattutto di bancarelle più o meno orientate verso il turista occidentale. Ma chi cerca qualcosa di originale non viene deluso: è qui che sono riuscito a trovare i cappelli più disparati e vecchi, visto che chi vuole vendere qualcosa che non siano patate o verdure non può non venire qui.
MACHU PICCHU
Chiusura (o quasi, visto che poi siamo rientrati a Cuzco per qualche ulteriore visita prima del rientro a Lima) in bellezza con la visita a Machu Picchu, il celebrato sito UNESCO considerato una delle Sette Meraviglie del Mondo Moderno. Di norma sono due i modi per raggiungerlo, via treno (come abbiamo fatto noi attraversando strette gole a picco sull'Urubamba) o a piedi col il Camino Inka che richiede 4 giorni.Situato molto più in basso rispetto a Cuzco (a 2430 msl), dalla quale dista 130 km, e circondato da una rigogliosa foresta pluviale, è rimasto praticamente nascosto al mondo, da quando gli Inca distrussero i sentieri che vi conducevano per impedire che gli spagnoli lo trovassero, fino al 1911 (quindi quasi quattro secoli di oblìo), quando lo storico statunitense Bingham, che non fu il primo occidentale a metterci piede ma il primo a capirne l'importanza e l'unicità, non sollecitò l'attenzione della comunità degli studiosi.Costruito in cima ad una montagna e quindi naturalmente difeso dalla conformazione del territorio, oggi è raggiungibile prendendo i bus che si arrampicano sullo sterrato partendo dalla vicina Aguas Caliente, la cittadina dal soffocante clima tropicale e popolata da nugoli di zanzare che è la base obbligatoria per visitare il sito (non è possibile giungere in treno, visitare e ritornare in giornata).
Il sito è a dir poco maestoso, così come maestose sono le folle che si accalcano per visitarlo: circa 400.000 all'anno. E' anche per questo che è consigliato prendere i primi bus disponibili al mattino (i primi partono verso le cinque), non solo per vedere l'alba in loco (in realtà sempre abbastanza a rischio foschia vista l'umidità sprigionata dalla circostante foresta pluviale) ma anche per poter scattare qualche foto prima che sia punteggiato dai turisti che tempo poche ore e riempiono tutto il sito. Chi vuole può tentare anche l'ascesa dello Huayna Picchu, il picco alle spalle del sito vero e proprio ma poiché la salita è stretta e impegnativa - non bastano le scarpe da ginnastica ed è meglio avere un po' di allenamento -, per evitare i problemi già verificatisi in passato con incidenti anche gravi occorsi a turisti, la salita è regolamentata: sono possibili due partenze giornaliere - alle 7:00 e alle 11:00 da massimo 200 escursionisti l'una. Il sito è molto vasto e per visitarlo per bene sono necessarie ore. Tra i singoli edifici più significativi vi sono:
- il Tempio del Sole;
- l'Osservatorio in cima al quale c'è la Intihuatana, una grossa pietra approfonditamente studiata perché allineata con montagne e avvenimenti astronomici;
- la vasta Piazza Sacra;
- le cosidette Ventanas (finestre);
- la Porta del Sol, dove in pratica ha termine il Camino Inka.
Non lontano dal sito maggiore, prendendo un sentiero di pochi chilometri che ha punti esposti e permettere di gettare lo sguardo sul fiume Urubamba che ruggisce 400 metri più in basso, si giunge dove una volta era funzionante uno dei ponti levatoi che controllavano l'accesso alla città.
Machu Picchu