IMPRESSIONI dal GHANA - APRILE 2023
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Giornata di trasferimento con viaggio in bus (turistico) di circa 7 ore da Tamale a Kumasi, la storica capitale dell'antico Impero Ashanti che visiterò domani e dopodomani. Segue una carrellata che intitolerei "Ghana on the road" (c'è anche un video).
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Il mercato di Kejetia (o Kumasi Central Market) è considerato, grazie agli oltre 10.000 fra negozi e bancarelle, il più grande del West Africa. Il governo ha già iniziato i lavori per ristrutturare tutta la zona, costruendo una specie di mega centro commerciale su più piani che dovrebbe sostituire gli attuali negozietti e bancarelle, cosa piuttosto avversata dalla popolazione e che sicuramente gli farà perdere gran parte dell'attuale fascino. C'è letteralmente di tutto, persino la zona con carcasse di vari animali da usare nei riti voodoo. Nel pomeriggio assisterò a un funerale Ashanti, evento presso il quale è d'obbligo presentarsi in abito rigorosamente nero e/o rosso. Siccome, come ben sapete, sono un elegantone, ho chiesto a un sarto di farmi una specie di camicia su misura per l'occasione, alla vertiginosa cifra di circa 2,50€.
In tarda mattinata visita agli ultimi edifici eredità dell'Impero Ashanti (sito UNESCO) che toccò il suo vertice nel XVIII sec.
Agghindati alla bisogna, assistiamo ad un paio di funerali Ashanti. Il primo sembra più ricco, vi è anche una sfilata di ragazze in abiti realizzati col kente (stoffa tradizionale Ashanti) che portano in testa ceste piene di offerte come cibo, bibite e caramelle in mezzo a tre ali di folla seduta all'ombra di padiglioni noleggiati all'uopo. Istruito dalla guida locale, ne percorro un lato per salutare i parenti più stretti, mi pare di essere un generale che passa in rassegna le truppe. I consanguinei (per lo più figli dell'85enne passato a miglior vita) si distinguono perché ricoperti da una voluminosa stoffa rossa e hanno al collo una specie di coccarda con la foto del caro estinto, tutti gli altri vestono prevalentemente di nero. Fotografare questi spettacolari personaggi non è facile, alcuni non vogliono essere ripresi.
Ci rechiamo a un secondo funerale, all'altro capo della città, e giungiamo appena in tempo per qualche ultima foto a delle signore che - mentre ballano - lanciano delle banconote (donazioni per i parenti, tutte attentamente annotate con tanto di consegna di quello che pare una ricevuta). In mezzo allo spiazzo, circondato da tendoni che riparano gli astanti dal sole, c'è una gigantografia del deceduto. In giro per la città o il villaggio vengono diffusi dei poster (a volte grandi come delle pubblicità stradali) con la foto della persona commemorata e un lungo elenco di persone che ne piangono la scomparsa: dapprima il capo villaggio e altri dignitari locali, poi i familiari più stretti con l'elenco di tutte le mogli, figli, nipoti, fratelli, cugini, zii, pronipoti, generi, nuore e via dicendo.
La cerimonia ha quel corollario di fotografi, videomaker e musicisti dal vivo come da noi si usa in certi matrimoni. Ne risulta un mix di tristezza e gioia, di condoglianze e festeggiamenti che a noi parrebbe fuori luogo ma che a queste latitudini è la norma, anzi più gente presenzia e più baccano si fa, più si rende onore al de cuius che, una volta raggiunta la sua dimensione di spirito protettivo, saprà ricompensare chi gli ha tributato onore al suo ultimo passaggio nell'aldiquà. Al tramontare del sole, la musica smette e si smonta tutto.
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Oggi è la giornata dell'Akwasidae, l'evento che si tiene la sesta e ultima domenica di ogni mese (il calendario Ashanti è composto di 9 mesi da 6 settimane) per rendere onore all'Asantehene (cioè il Re degli Ashanti), Otumfuo Mana Osei Tutu II, 72enne in carica dal 1999. Prima però c'è tempo per altro. Dapprima mi incontro con un "antiquario" locale visto il giorno prima al mercato e che aveva detto che, visto che lì gli incendi sono piuttosto frequenti, gli oggetti di maggior valore li tiene altrove. Apre i suoi magazzini e vi trovo alcune decine di sgabelli Ashanti, sembrano usati e di buona qualità ma sono troppo ingombranti da portare a casa, delle "trade beads" (quelle che gli Europei davano in cambio di oro e schiavi) e tante insegne da barbiere dipinte, belle ma palesemente opera della stessa mano, quindi fatte (anche bene) in serie per essere vendute, mentre io cerco oggetti autentici, cioè realizzati da locali per un uso tradizionale. Un buco nell'acqua.
In seguito ci rechiamo al Mahyia Palace e visitiamo il museo Ashanti (con statue di legno dei precedenti monarchi dall'inquietante verosimiglianza) e il centro dell'artigianato Ashanti. Nel parco antistante, sotto a un albero gigantesco, vi sono diversi pavoni, uno di questi colpisce ripetutamente col becco la portiera di un'auto scambiando il suo riflesso per un rivale.
Il clou si tiene nel primo pomeriggio quando pian piano cominciano ad affluire in un grande spiazzo a fianco del palazzo migliaia di persone: l'ingresso è consentito a tutti, perfino ai turisti e ai venditori di bibite, ma i partecipanti più prestigiosi non puoi fare a meno di notarli, non solo perché - gli uomini - avvolti in stupende e voluminose stoffe coloratissime, ma perché scortati da chi li protegge dal sole con un ombrello di stoffa ma anche per i massicci bracciali, anelli e orologi d'oro che sfoggiano. Quando tutti sono arrivati, arriva il corteo del Re, seduto su un palanchino (ricoperto di stoffe kente e vari oggetti d'oro massiccio) portato a braccia da dei marcantoni. Non è facile fotografare il re nella bolgia: il palanchino saltella, a fianco c'è sempre qualcuno che sventola un grosso ventaglio perché fa caldo, ci sono uomini e donne in tenuta che sparano colpi di fucile in aria che mi fanno regolarmente sobbalzare. Poi, una volta seduto, il Re è ancora meno visibile, circondato da decine di nobili o attendenti, mentre uno speaker snocciola uno ad uno i nominativi delle autorità (presenti l'ex-presidente del Ghana e molti ministri), un procedimento che va avanti per ore, il tutto mentre ci sono sempre almeno 4/5 gruppi di percussionisti (al seguito dei clan più prestigiosi) che producono ritmi frenetici. A completare il quadro ci si mettono anche le guardie del corpo del monarca, che dopo un po' decidono che non ci si può avvicinare più di tanto.
Nel tardo pomeriggio torno ad Accra in aereo e per cena mi reco nella zona di Oxford Street, secondo tutte le guide il luogo per eccellenza della vita notturna di tutto il Ghana. Ristoranti e locali che sembrano qualcosa di prossimo alla discoteca se ne vedono, ma quello che non può passare inosservato è l'assoluta predominanza di prostitute e, conseguentemente, l'inevitabile sottobosco di facce poco raccomandabili, benché basti non fermarsi a parlare con qualcuno per evitare complicazioni.
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Ultima giornata in Ghana che comincia con un giro a piedi nello "slum" di Jamestown, l'antico quartiere pieno di edifici coloniali e vicoli, dove la vita si svolge in strada. Benché uno dei più poveri di Accra, ospita il Jamestown Cafè, un misto tra esercizio commerciale, galleria d'arte e centro culturale del quartiere. Noto un paio di insegne di palestre di pugilato, chiedo alla guida locale se è possibile visitarne una e mi porta dove la star è un giovane astro nascente del pugilato ghanese, il 10enne Prince The Buzz Larbie (figlio del trainer della palestra) che si presenta in tenuta da ring con tanto di bordatura di pelliccia e ci mostra un saggio delle sue (impressionanti) abilità agli attrezzi (vedi video seguente).
Proseguendo, oltre a l'ennesimo bel campetto da basket, dapprima accedo a un vecchio studio fotografico risalente agli anni '20, ancora in attività. Faccio un giro anche nel cosiddetto "Piccolo Brasile", dove si sono insediati un nucleo di ex-schiavi tornati dal paese sudamericano. Posti non facilissimi da girare in autonomia, caldamente consigliato avvalersi di guide locali, anche solo per chiedere il permesso di fare qualche foto.
In seguito visitiamo un altro falegname specializzato in bare personalizzate e qui è il caso di approfondire un attimo. In Ghana c’è la tradizione di farsi fare delle bare che rappresentano il proprio mestiere in vita oppure la propria passione e vi sono alcuni falegnami, la cui abilità a volte sfora nell’alto artigianato se non proprio nell’arte pura, specializzati in queste produzioni. L'iniziatore di questa strana abitudine, che non ha altri eguali non solo in Africa ma nemmeno in altre parti del mondo, è stato Seth Kane Kwei. Tutto ebbe inizio negli anni ’50, quando Seth era un falegname alle prime armi che imparava il lavoro presso un laboratorio specializzato nel costruire palanchini. Un capo villaggio aveva chiesto un palanchino a forma di seme di cacao e lui l’aveva prodotto. Il caso volle che poco dopo la consegna, prima ancora che avesse avuto la possibilità di utilizzarlo, il capovillaggio passò a miglior vita. I suoi familiari chiesero al falegname di apportare un paio di modifiche che di fatto trasformarono il palanchino in una bara decisamente insolita. Al corteo funebre il popolo rimase stupito e ammirato e Seth si segnò la cosa. Pochi mesi dopo, mentre si stava costruendo il nuovo aeroporto di Kotoka a fianco di dove viveva, Seth aprì il proprio laboratorio. L’aeroporto e i grandi apparecchi che ne decollavano diventarono ben presto l’argomento principale della città al punto che la nonna di Seth, ossessionata, ne parlava in continuazione, benché non avesse le possibilità economiche per realizzare il suo sogno. Quando venne a mancare, Seth si ricordò del successo della bara del capo villaggio e decise di costruire per la propria ava una cassa a forma di aeroplano, quasi come se il suo viaggio verso l’aldilà potesse compierlo, come ardentemente desiderava, su uno scintillante autobus dell’aria. Fu un nuovo successo. Pian piano cominciarono a giungere ordini di feretri similari: uno a forma di pesce per un pescatore, un altro a forma di cipolla per un agricoltore e il successo riscosso al funerale era il miglior passaparola. Ora i discendenti di Seth, alla terza generazione, non sono più gli unici ad occuparsi di questo inconsueto business: le loro produzioni, in media tra le 200 e le 300 unità all’anno, non bastano più a soddisfare le richieste e quindi anche altri falegnami, spesso dopo aver lavorato come dipendenti presso la falegnameria Kane Kwei, ora le producono per conto proprio. Queste insolite produzioni sono diventate un segno distintivo del Ghana, al punto che Anang Kane Kwei è stato invitato all'estero anche al Festival di Dakar e negli Stati Uniti per parlare del proprio lavoro. Spesso le opere raffigurano il lavoro del defunto: i pescatori chiedono casse a forma di barca o di pesce, gli agricoltori di vari tipi di ortaggi o frutta, gli uomini d’affari a forma di aeroplano o di una Mercedes o di un gigantesco telefonino, un autista a forma di autobus, un benzinaio ha chiesto una bara a forma di pompa di benzina, un fotografo a forma di macchina fotografica. Spettacolare la richiesta di una prostituta che non si vergognava certo del suo mestiere: una donna seminuda sopra un letto. A volte le richieste sono di carattere più simbolico: uomini pii che chiedono feretri a forma di Bibbia, capivillaggio che chiedono bare a forma di leone o aquila, gli avvocati a forma di tartaruga o chiocciola a dimostrare che nonostante la lentezza della macchina giudiziaria (tutto il mondo è paese) raggiungono il risultato, una donna anziana ha chiesto un feretro a forma di chioccia, orgogliosa della numerosa prole che aveva cresciuto. Altre volte sono le proprie passioni a determinare la forma dell'ultimo veicolo, come nel caso di quello che chiese una cassa a forma di bottiglia di Coca Cola, innamorato com'era del sapore della sua bibita preferita. Ultimamente giungono richieste anche dall’estero, generalmente da Ghaniani residenti all’estero in paesi come Stati Uniti, Canada, Belgio, Spagna e Corea del Sud. Ma si registrano anche i primi ordini da parte di occidentali: una coppia olandese ha chiesto per lei, insegnante di musica, una cassa a forma di pianoforte e per lui, meccanico, a forma di chiave inglese.
Ultime ore ghanesi che dedico agli acquisti, cosa che prevedevo difficile vista la gran quantità di souvenirs di bassa qualità presenti nei negozi "specializzati". Alla fine qualcosa di interessante riesco ugualmente a trovarlo, in un mercato dove, oltre ai soliti oggetti banali, si trovano un paio di rivenditori con oggetti degni d'interesse dove trovo una bella raccolta di "sika 'dwa" (sgabello Ashanti simbolo di potere) e ne prendo uno piuttosto voluminoso che sono comunque riuscito a mettere dentro la valigia, un cappello tradizionale di stoffa (e un altro me lo farò spedire) e due vecchie statuette usati nei culti locali con evidenti segni d'uso, per le quali ho condotta una serrata ma necessaria trattativa al ribasso.
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Ultimo giorno dedicato ai voli di rientro in Italia.
Termina così un viaggio veramente interessante in un paese dalle mille sfaccettature, dove si passa da un clima tropicale a quello semidesertico della savana del Sahel, dove convivono l'opulenza sfoggiata dai nobili Ashanti e la semplicità della vita da pastori condotta dai Fulani, dove la modernità dei grattacieli di Accra e Kumasi fa da contraltare agli altari voodoo sparsi nel villaggio di Tengzug, dove ti può capitare di imbatterti in un manager col tablet poco dopo aver parlato con una presunta strega.
Da alcuni definito "un'Africa per neofiti" perché abbastanza moderno e sicuro rispetto ad altri paesi del West Africa (anche se non mancano slum, zone poco sicure e perfino discariche a cielo aperto come quella di Agbobloscie, quindi state in campana oppure affidatevi a chi il posto lo conosce bene), il Ghana è un vero crogiuolo di etnie e un coacervo di situazioni interessanti, dove le varie confessioni religiose sono molto seguite (e pubblicizzate), dove si possono trovare prodotti artigianali peculiari come le perle di vetro e le stoffe kente, dove si trovano confraternite guerriere e santuari che non esistono in nessun altro posto, dove si perpetuano riti antichi e si instaurano nuove mode. Tanta roba, letteralmente.