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NELLA VALLE DELL'OMO

Viaggio in Etiopia del Sud, ottobre 2010

 

 

PREPARATIVI

È la volta di realizzare un altro sogno, quello di visitare alcuni dei popoli più spettacolari del globo visto che la mia compagna non parteciperà al viaggio e sull'Africa mi pone sempre dei perentori aut-aut per via delle vaccinazioni. Galeotta fu una proiezione di diapositive di tanti anni fa, almeno una quindicina, in un circolo di Avventure del Mondo. Però da allora quei posti non sono più così vergini e quindi, per trovare l'autenticità che cerco, bisogna che l'itinerario sia davvero ben studiato.


Inizio a farmi un'idea degli itinerari proposti dai numerosi t.o. etiopi (oltre un centinaio): quasi tutti prevedono per la Valle dell'Omo una settimana di tempo, in modo che sia facile da aggiungere a chi fa il giro classico della "Rotta storica" del Nord. Non sono molti quelli che offrono tour dedicati esclusivamente al Sud, visto che probabilmente chi giunge in Etiopia e sceglie di ignorare le chiese copte di Lalibela e le altre meraviglie di questo stupendo paese sono ben pochi. Io invece voglio esagerare, e dedicare tutti i 17 giorni che avrò esclusivamente a queste zone. Poi il nord, magari aggiungendoci la Dancalia, spero di poterlo visitare in futuro.


Comincio a contattare i t.o. specificando i miei interessi: vedere le popolazioni più interessanti della cosiddetta Bassa Valle dell'Omo (che è quella dove di solito i t.o. si recano e che è la più organizzata) ma anche quelle dell'Alta Valle dell'Omo (zona molto meno frequentata e dove non esistono alberghi, serve quindi attrezzarsi per giorni di campeggio) e se c'è tempo e modo aggiungere il Borana Land, altra terra poco battuta. Il tutto è complicato dal fatto che non è semplice passare da una zona all'altra, essendo separate dal fiume Omo che per diverse centinaia di chilometri non è attraversato da un ponte. Per passare dal punto più basso dell'Alta Valle (sponda destra del fiume) all'altro lato del fiume a pari altezza occorrono quattro giorni di piste. Se da un lato questa è una notevole complicazione logistica, dall'altro è anche il vero motivo per il quale la zona occidentale è davvero poco frequentata. E proprio nei primi mesi del 2011 dovrebbe essere completato il ponte ad Omorate, urge andarci prima che la zona diventi più frequentata. Un itinerario così lungo e complesso non rientra in nessuno dei tour standard offerti, anche se ovviamente ogni t.o. si rende disponibile per costruirlo su misura. Però, visto le complicazioni logistiche di cui sopra, è necessario organizzare una piccola spedizione che preveda: un mezzo 4x4; un pilota esperto visto che la zona è difficile e che sappia reperire le guide locali di volta in volta; il materiale da campeggio, cucina da campo compresa; e, a meno che uno non voglia/sappia cucinare (e non è il mio caso), un cuoco. Per quanto non sia interessato a sistemazioni lussuose, il minimo che mi viene proposto è una spesa di 2.500€ per la parte etiope del viaggio da parte di un t.o. locale con ottime recensioni (ma c'è anche chi mi chiede il doppio), al quale devo aggiungere i costi del volo intercontinentale (740€ perché volevo partire in giorni precisi, con più libertà di movimento si trovano anche biglietti a 540€). Urge trovare uno o più compagni di viaggio col quale dividere i costi dell'intero viaggio o almeno di parte di esso, non solo per una questione di soldi ma anche perché in Africa è sempre meglio essere in gruppo che completamente soli. Provo sul forum della Lonely Planet in inglese e su Travbuddy, i siti dove è più facile trovare compagni di viaggio con i miei interessi ma nessuno alza la mano.

Differenti carichi

I. PULCE


Partenza il 16 ottobre 2010, voli Bologna-Francoforte e Francoforte-Addis Abeba, con decollo ritardato di mezz'ora perché, quando stavamo per imboccare la pista, una spia non si spegneva e i piloti hanno chiamato i tecnici per i controlli del caso al mezzo.


Arrivo nella capitale etiope, so che l'aeroporto è ad appena 5 km dalla città e quindi il taxi non dovrebbe costare molto. Sbrigo le formalità (il visto si ottiene in entrata, pagando 17 euro) e prenoto il taxi, nell'apposito sportello, dove mi dicono che per andare al mio alberghetto si pagano 160 birr (al cambio circa 7 euro). Salgo sul taxi e dopo aver percorso circa 100 metri mi ricordo che la guida consigliava di mettersi d'accordo in anticipo, per evitare incomprensioni all'atto del pagamento. Gli dico: "160 birr, ok?" e lui "10 dollars". La risposta mi puzza un po', ribadisco: "160 birr. That's the price the girl stated. That's what I will pay". Non risponde. Ripeto "160 birr, I will not accept a different price".


Arriviamo, scendo e, come temevo, comincia lo sfaccettamento di zebedei nel tentativo di lucrare gli ulteriori due spicci: "la tariffa è di 10 dollari, che corrispondono a 180 birr". Purtroppo non ho i soldi contati, ho appena cambiato e ho solo pezzi da 50 birr: se gli do 200 birr so già che il resto me lo posso sognare. Gli chiedo se ha il resto e, come ampiamente previsto, dice che non ce l'ha. Ma nemmeno voglio iniziare subito a sventolare bandiera bianca di fronte a questi trucchetti, anche se parliamo di una miseria. Gli dico: "Guarda ti do 150 birr e poi 1 euro (al cambio 23 birr) che è già di più di quanto mi era stato detto dallo sportello". Lui si lamenta ma in dialetto romagnolo lo saluto e vado nell'alberghetto.


Alberghetto che la Bradt Guide definisce il più pulito tra quelli economici. Costo 172 birr, pari a circa 7,50 euro. La stanza è decente a prima vista. Vado nel bagno comune (sembra che io sia l'unico ospite) e vedo, per la prima volta in vita mia nonostante le tante bettole frequentate, una pulce sul mio braccio. La prendo e la sasso nel lavandino, apro il rubinetto e scompare giù dal tubo. Cavolo, le pulci poi no, eh. Faccio la doccia, torno in camera e ispeziono il letto: lenzuola pulite, nessuna traccia di animali. Mi tranquillizzo e non utilizzo il sacco a lenzuolo.

Sorriso

​II. CARRAMBA CHE SORPRESA!

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Da oggi sono a carico del tour operator che ha organizzato il viaggio. Mi vengono a prendere all'alberghetto due auto: una sulla quale viaggerò assieme ai miei compagni di viaggio e un'altra dove, oltre al cuoco, c'è tutto il materiale da campeggio e cucina da campo visto che nella prima settimana saremo in zone dove non ci sono né alberghi né ristoranti.

 

Conosco i miei due compagni di viaggio ed è subito show time! chiedo: "Di dove siete, ragazzi?". Uno mi risponde: "Di Ravenna". E io: "Incredibile! Io sono di Lugo!" e lui: "Come di Lugo? Anch'io sono di Lugo! Ho detto Ravenna solo perché di solito Lugo non la conosce nessuno...". La mezz'ora seguente passa nello snocciolare le conoscenze in comune. L'altro è un ragazzo di Perugia. Entrambi sono residenti ad Addis Abeba, entrambi accomunati da un'esperienza di adozione di bimbi etiopi, entrambi (scoprirò in seguito) animati dal desiderio di entrare a far parte come guida/accompagnatore del tour operator la cui titolare conoscono di persona. In seguito capisco che, proprio per quest'ultimo motivo, nessuno di loro ha realmente espresso parere sull'itinerario, che in pratica ho deciso io a tavolino col tour operator. Difatti, pigliandomi in giro, da quel momento in poi ad ogni bel posto visitato mi diranno: "Ma guarda in che bel posto ci hai portati!" e ad ogni sfiga: "Ma dove cavolo ci hai portati?". Si parte, col perugino che, pure lui fotografo, mi lascia il "posto del morto". Poi proverà ad andare davanti ma è troppo alto (197 cm, ex pallavolista) e quindi la postazione diventa in pratica mia per il resto del viaggio.

 

Prima tappa a Wolisso, a visitare il mercato. La prima parte dell'itinerario, fino all'attraversamento del fiume Omo all'altezza di Omorate sarà la parte meno frequentata. Non siamo lontanissimi da Addis Abeba ma di turisti in questa parte di Etiopia se ne vedono ben pochi e si respira già l'aria dei posti poco visitati. Fai la foto e la gente non ti guarda in cagnesco in attesa di protendere la mano per riscuotere pochi birr subito dopo lo scatto, anzi si lascia ritrarre spesso col sorriso. Poi una volta fatta la foto, gli vai incontro e gli mostri il risultato sullo schermo della digitale: per molti è ancora una sorpresa vedersi, le reazioni passano da risate fragorose a moti di timidezza.

 

Proseguiamo su una buona strada asfaltata e facciamo tappa a Wolkite, dove c'è un altro mercato. Tutti smettono di fare quello che stanno facendo e ci seguono con lo sguardo, stupiti del fatto che dei bianchi si siano fermati in quel posto dove non c'è nulla di interessante. Mentre giriamo in mezzo a loro, quasi tutte donne, si capisce che gli occidentali sono davvero merce rare in queste lande: non appena punto l'obiettivo la maggior parte di loro si copre il volto, con un misto di pudore e ritrosia, comune alle donne di fede musulmana quali paiono essere, vista la quantità di teste velate.

 

La sosta successiva la facciamo a Liban dove c'è un altro mercato, questa volta più "africano": più colorato, più incasinato, più grande, la gente meno timida. Giriamo col codazzo di bambini, ad ogni sosta ci sono decine di paia di occhi che ti guardano come si guarda qualcosa alla tv. La nostra guida, un ragazzo mezzo Amhara (l'etnia dominante in Etiopia) e mezzo Tigrino (cioè del Tigray), parla un ottimo italiano, ci sa fare, scherza coi bambini, attacca bottone coi locali e riesce sempre a stabilire un clima simpatico. Anche il mio compaesano, che vive in Etiopia da tre anni e conosce abbastanza l'amarico è un discreto casinista e quindi la combriccola è vivace. Bene, visto che io, volendo fare delle foto, possibilmente senza destare troppe attenzioni, preferisco tenere il profilo basso e rimanere più defilato.

 

In serata si giunge a Jimma, la capitale del caffè che, per chi non lo sapesse, è una bevanda di culto in Etiopia. C'è anche la cerimonia del caffè, con l'incenso, ma io il caffè non lo bevo. L'albergo è nuovo di trinca, il primo di tanti alberghi di recentissima costruzione, di solito eretti dai cinesi che stanno monopolizzando il boom edilizio, dove pernotteremo. Incredibile ma vero c'è pure il wi-fi gratuito e ne approfitto per una breve connessione sul web. Sarà un'illusoria immagine di un'Etiopia moderna che non c'è ancora: dal giorno dopo e per una settimana intera l'unico modo per contattare il mondo sarà il telefono satellitare della guida.

Paesaggio nel sud dell'Etiopia

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