SULLA VIA DELLA SETA
Viaggio in Uzbekistan, giugno 2011
PREPARATIVI
Un viaggio in coppia e meno impegnativo, da un punto di vista organizzativo, di altri. L'Uzbekistan è destinazione decisamente tranquilla ma la gente, sarà perché finisce in -stan come il confinante Afghanistan, spesso pensa che sia un paese in mano ad Al-Qaeda. Invece casomai è il contrario: in pratica, dalla caduta del comunismo, nel paese vige la dittatura di Karimov, uno dei tanti "presidenti senza la data di scadenza" che governano a queste latitudini (anche se, accennando il discorso, gli uzbeki non mi sono parsi nutrire astio nei suoi confronti), cosa che lo rende un paese dove le libertà individuali non sono magari molto rispettate ma anche decisamente tranquillo. Dopo i disordini di Andijon del 2006 durante i quali la polizia sparò e uccise poco meno di 200 dimostranti, l'Uzbekistan è stato pesantemente accusato di negazione dei diritti umani da parte dell'ONU, capitanati dagli USA. Per ripicca il dittatore ha tolto l'autorizzazione ad usare le sue basi militari alle forze impegnate nel conflitto afgano. Quindi paese in mano ai talebani? Nemmeno per sogno: per non correre rischi, il despota da allora ha vietato i cinque classici richiami quotidiani alla preghiera dei muezzin e gli imam, nella predica, sono "tenuti a lodare il governo". Comunque l'Islam, forse anche per merito della corrente mistica sufi che l'ha per molto tempo ispirata ma sicuramente anche a causa dell'opera di "affrancamento dalle superstizioni" operata dal regime sovietico, in Uzbekistan non raggiunge il parossismo di altre zone: il paese è decisamente laico, i fedeli dell'Islam si possono definire moderati e nessuno è costretto a portare burqa o a coprirsi il volto o i capelli. Se nella capitale non ci sono problemi per minigonne o tacchi a spillo, anche nelle campagne le donne portano il fazzoletto in testa più per motivi di consuetudine o praticità (d'estate il sole picchia davvero forte), come le nostre nonne contadine, che per dettami religiosi.
In pratica l'itinerario, per il quale abbiamo a disposizione una decina di giorni voli compresi, segue uno dei tratti storici della famosa Via della Seta, strategico crocevia di traffici di ogni tipo, leciti e non. Per una volta faccio un'eccezione rispetto al mio modo di viaggiare: prenoto gli alberghi, cosa che solitamente evito per lasciarmi l'opportunità di cambiare idea in corsa. Però l'itinerario è talmente classico e le possibili deviazioni poco interessanti che questa scelta non ci impedisce chissà quali variazioni dell'ultimo momento. Anzi, prenotare per tempo ci permette di scegliere non gli alberghi più lussuosi, dotati di tutti i comfort ma spesso privi di personalità dove ci scaricherebbe qualsiasi viaggio organizzato, ma fra le più curate guest house e bed&breakfast, nei casi migliori ricavati da vecchie abitazioni di ricchi commercianti, arricchite da colonne finemente intarsiate e con incantevoli cortili interni. Inoltre, il viaggio coincide anche col compleanno della mia compagna e quindi una serie di gradevoli sistemazioni, peraltro non costose, è cosa buona e giusta più che in altre occasioni. Il vero motivo che ci spinge a preferire il viaggio in autonomia è quello di non farci intruppare in grupponi che si muovono in pullman dall'aria condizionata, al seguito del tour leader, che peraltro finiscono col pagare autista e guida anche quando non servono. Ci sposteremo da una città all'altra con i taxi, collettivi o privati a seconda delle situazioni, e una volta arrivati in città ci prenderemo una guida privata, se e quando lo riterremo necessario.
Il volo, con la compagnia lettone della Air Baltic, è abbastanza scomodo ma più economico dei voli diretti dell'Uzbekistan Airways che però sono stati già tutti bloccati da tempo dai tour operator che offrono pacchetti tutto compreso: 560€ che lievitano a 610 con i bagagli, oltre ad un centinaio di 100€ a testa per i visti. Da bravo paese ex-sovietico, l'Uzbekistan mantiene alcune retrograde pastoie burocratiche: è obbligatorio farsi rilasciare una "registration card" in ogni città in cui si pernotti almeno tre notti, e potrebbero chiedere di vederle tutte alla partenza e piantare dei problemi in caso ci siano giornate scoperte. Avevo letto di gente che se dormiva presso dei locali (o alberghi non autorizzati ad accogliere gli stranieri) poi all'albergo successivo chiedeva di aggiungere un giorno in più e che i poliziotti a volte la usavano per estorcere soldi ai turisti, anche se il pernotto era inferiore ai 3 giorni e quindi non ci sarebbe l'obbligo. Nessuno ci ha chiesto niente e ogni B&B ci ha sempre fatto la registration card.
Ovviamente, considerato il poco tempo a disposizione, non era possibile non escludere qualcosa. Queste sono le cose più interessanti sulle quali è caduta la nostra "mannaia":
- la Valle di Fergana, la zona più agricola e popolata del paese e quella con la popolazione più legata allo stile di vita suggerito dall'Islam;
- il Lago d'Aral o, per meglio dire, quello che ne rimane visto che Moynaq, che una volta era un porto, adesso è a circa 80km dall'acqua e le vecchie navi, ormai arrugginite e appoggiate sulla sabbia, ne punteggiano i dintorni. Un apocalittico monito di come l'operato sconsiderato dell'uomo (in questo caso per irrigare una monocoltura estensiva basata sull'assetato cotone) possa provocare disastri.
- l'interessante museo Savitsky a Nukus, dedicato ai pittori dell'avanguardia sovietica ignorati, quando non proprio avversati, per decenni e ora meritatamente rivalutati;
- le imponenti, per quanto spesso abbondantemente in rovina, fortezze di argilla del Karakalpakstan.
È stato il viaggio dove più di ogni altro abbiamo incontrato persone che si erano "perse per il mondo": una coppia di svizzeri che erano al quinto mese di un viaggio di nove mesi in bicicletta, una coppia di austriaci che erano allo stesso punto di un viaggio di pari lunghezza a bordo di un Defender Land Rover cabinato, ma soprattutto un'altra coppia svizzera che era "in giro" da oltre 5 anni e aveva già percorso circa 52.000 km in bicicletta. Come voi starete facendo adesso anche noi, smaltita l'invidia, ci siamo detti che c'è gente che ha davvero "visto un bel mondo" (modo di dire romagnolo che sta per "ha una bella fortuna" e che in questo caso calza davvero a pennello)...