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II. CARRAMBA CHE SORPRESA!
Da oggi sono a carico del tour operator che ha organizzato il viaggio. Mi vengono a prendere all'alberghetto due auto: una sulla quale viaggerò assieme ai miei compagni di viaggio e un'altra dove, oltre al cuoco, c'è tutto il materiale da campeggio e cucina da campo visto che nella prima settimana saremo in zone dove non ci sono né alberghi né ristoranti.
Conosco i miei due compagni di viaggio ed è subito show time! chiedo: "Di dove siete, ragazzi?". Uno mi risponde: "Di Ravenna". E io: "Incredibile! Io sono di Lugo!" e lui: "Come di Lugo? Anch'io sono di Lugo! Ho detto Ravenna solo perché di solito Lugo non la conosce nessuno...". La mezz'ora seguente passa nello snocciolare le conoscenze in comune. L'altro è un ragazzo di Perugia. Entrambi sono residenti ad Addis Abeba, entrambi accomunati da un'esperienza di adozione di bimbi etiopi, entrambi (scoprirò in seguito) animati dal desiderio di entrare a far parte come guida/accompagnatore del tour operator la cui titolare conoscono di persona. In seguito capisco che, proprio per quest'ultimo motivo, nessuno di loro ha realmente espresso parere sull'itinerario, che in pratica ho deciso io a tavolino col tour operator. Difatti, pigliandomi in giro, da quel momento in poi ad ogni bel posto visitato mi diranno: "Ma guarda in che bel posto ci hai portati!" e ad ogni sfiga: "Ma dove cavolo ci hai portati?". Si parte, col perugino che, pure lui fotografo, mi lascia il "posto del morto". Poi proverà ad andare davanti ma è troppo alto (197 cm, ex pallavolista) e quindi la postazione diventa in pratica mia per il resto del viaggio.
Prima tappa a Woliso, a visitare il mercato. La prima parte dell'itinerario, fino all'attraversamento del fiume Omo all'altezza di Omorate sarà la parte meno frequentata. Non siamo lontanissimi da Addis Abeba ma di turisti in questa parte di Etiopia se ne vedono ben pochi e si respira già l'aria dei posti poco visitati. Fai la foto e la gente non ti guarda in cagnesco in attesa di protendere la mano per riscuotere pochi birr subito dopo lo scatto, anzi si lascia ritrarre spesso col sorriso. Poi una volta fatta la foto, gli vai incontro e gli mostri il risultato sullo schermo della digitale: per molti è ancora una sorpresa vedersi, le reazioni passano da risate fragorose a moti di timidezza.
Proseguiamo su una buona strada asfaltata e facciamo tappa a Wolkite, dove c'è un altro mercato. Tutti smettono di fare quello che stanno facendo e ci seguono con lo sguardo, stupiti del fatto che dei bianchi si siano fermati in quel posto dove non c'è nulla di interessante. Mentre giriamo in mezzo a loro, quasi tutte donne, si capisce che gli occidentali sono davvero merce rare in queste lande: non appena punto l'obiettivo la maggior parte di loro si copre il volto, con un misto di pudore e ritrosia, comune alle donne di fede musulmana quali paiono essere, vista la quantità di teste velate.
La sosta successiva la facciamo a Liban dove c'è un altro mercato, questa volta più "africano": più colorato, più incasinato, più grande, la gente meno timida. Giriamo col codazzo di bambini, ad ogni sosta ci sono decine di paia di occhi che ti guardano come si guarda qualcosa alla tv. La nostra guida, un ragazzo mezzo Amhara (l'etnia dominante in Etiopia) e mezzo Tigrino (cioè del Tigray), parla un ottimo italiano, ci sa fare, scherza coi bambini, attacca bottone coi locali e riesce sempre a stabilire un clima simpatico. Anche il mio compaesano, che vive in Etiopia da tre anni e conosce abbastanza l'amarico è un discreto casinista e quindi la combriccola è vivace. Bene, visto che io, volendo fare delle foto, possibilmente senza destare troppe attenzioni, preferisco tenere il profilo basso e rimanere più defilato.
In serata si giunge a Jima, la capitale del caffè che, per chi non lo sapesse, è una bevanda di culto in Etiopia. C'è anche la cerimonia del caffè, con l'incenso, ma io il caffè non lo bevo. L'albergo è nuovo di trinca, il primo di tanti alberghi di recentissima costruzione, di solito eretti dai cinesi che stanno monopolizzando il boom edilizio, dove pernotteremo. Incredibile ma vero c'è pure il wi-fi gratuito e ne approfitto per una breve connessione sul web. Sarà un'illusoria immagine di un'Etiopia moderna che non c'è ancora: dal giorno dopo e per una settimana intera l'unico modo per contattare il mondo sarà il telefono satellitare della guida.